Iniziare un percorso psicologico: cosa aspettarsi dai primi incontri

Iniziare un percorso psicologico è, per molte persone, un passo importante. A volte desiderato da tempo, altre volte spinto da un momento di difficoltà, può generare curiosità, aspettative, ma anche dubbi e paure. “Cosa devo dire?”, “Sarò capito?”, “E se non so da dove cominciare?”, “Mi verrà detto cosa fare?”.

In questo articolo, voglio offrire qualche spunto per orientarsi nei primi incontri, ma anche per comprendere meglio il senso più profondo del lavoro psicologico.

La stanza della terapia è prima di tutto uno spazio sicuro: un luogo dove poter portare liberamente i propri pensieri, emozioni, ricordi, sogni, fantasie. È uno spazio in cui non si viene giudicati, non esiste giusto o sbagliato, non si deve “fare bella figura”. È possibile parlare di un evento della settimana precedente, di qualcosa accaduto anni fa, o anche di una sensazione confusa che si fa fatica a descrivere.

Non c’è un argomento “più adatto” di un altro: tutto ciò che viene portato ha un senso e può diventare materiale prezioso su cui lavorare insieme.

Una delle idee più diffuse è che lo psicologo "sappia già" o "capisca tutto" anche senza che venga detto. Ma non funziona così. Lo psicologo non ha poteri magici: ascolta, osserva, accoglie… ma soprattutto, lavora in collaborazione con la persona.

È il paziente che porta ciò che sente importante, ed è da lì che si inizia a costruire un percorso. Certo, il terapeuta può fare domande, proporre riflessioni, aiutare a mettere ordine, ma non guida come un GPS: accompagna, cammina accanto.

Sicuramente intraprendere una terapia richiede coraggio. Non tanto per "raccontarsi", ma per affrontare parti di sé che a volte si preferirebbe ignorare. Non tutto ciò che emerge sarà piacevole: ci saranno momenti di disagio, confusione, emozioni forti. Ma è proprio attraverso questi momenti che si può iniziare a guarire, a capire, a trasformare.

È come quando si decide finalmente di alzare il tappeto e guardare quella polvere che si è accumulata nel tempo: farlo può essere faticoso, ma è anche il primo passo per ritrovare chiarezza e leggerezza.


Cosa portare in seduta? Tutto ciò che senti importante

Una delle domande più frequenti è: “Ma cosa porto in terapia?”. La risposta più semplice è: qualsiasi cosa tu senta che merita uno spazio.

Un litigio con una persona cara

Una situazione lavorativa stressante

Un sogno che ti ha colpito

Un ricordo improvviso

Una paura che ti accompagna da tempo

Un vuoto difficile da spiegare

Tutto può avere senso, tutto può essere accolto. Anche il silenzio, a volte, può essere una porta d’ingresso.

Infine, è importante ricordare questo: lo psicologo non è lì per coglierti in fallo, né per psicoanalizzare ogni parola o gesto. È lì per sostenerti nel tuo percorso, per aiutarti a rimettere ordine, a fare spazio, a ritrovare benessere.

Siamo tutti umani. Tutti, prima o poi, facciamo fatica. Tutti ci proteggiamo, nascondiamo la polvere, evitiamo il dolore. Il lavoro terapeutico non chiede perfezione, ma presenza e disponibilità a mettersi in cammino.


Se stai pensando di iniziare un percorso o l’hai appena iniziato, sappi che ogni passo che fai è già parte della tua cura. Non serve arrivare “preparati”, serve solo essere autentici.