Hai mai provato a ridere con gli altri, ma sentire dentro un silenzio che fa rumore?
Essere circondati da amici, compagni di scuola, o follower online, e allo stesso tempo sentirsi invisibili, può sembrare un paradosso, ma per molti adolescenti e giovani adulti è una realtà quotidiana.
In questa fase della vita, il bisogno di appartenenza è profondo: si cerca di essere visti, accolti, riconosciuti per quello che si è davvero. Ma quando questo non succede, la solitudine prende una forma diversa. Non è solo “essere da soli”. È sentirsi soli anche in mezzo agli altri.
C’è una grande differenza tra l’essere soli e il sentirsi soli.
Essere soli può essere una scelta, un momento di tranquillità, un tempo per sé. Sentirsi soli, invece, è qualcosa che si sperimenta anche in mezzo alla folla. È un vuoto emotivo. Una sensazione che “nessuno mi capisce davvero”, “nessuno mi vede per quello che sono”.
E questa solitudine interiore può far molto male.
Quando non ci sentiamo riconosciuti, accettati o accolti — soprattutto da chi per noi conta davvero, come amici, compagni, familiari — può nascere una ferita profonda. È come un’ombra dentro, un senso di mancanza che ci accompagna e ci spinge a cercare relazioni che possano colmare quel vuoto.
A volte ci si aggrappa a chiunque sembri disponibile, anche solo per qualche messaggio. Altre volte si cercano legami su internet o sui social, dove almeno ci si sente ascoltati o compresi — o, almeno, si spera.
Relazioni virtuali: connessioni autentiche o compensazioni?
Le relazioni virtuali possono essere autentiche. Non è il mezzo a determinarne il valore, ma la qualità dello scambio. Alcuni legami nati online possono essere profondi, veri, di supporto.
Ma c’è anche un rischio: quello di cercare connessioni solo per riempire il vuoto. A volte si arriva perfino a confidarsi con un’intelligenza artificiale, nella speranza di trovare almeno “qualcuno” con cui parlare.
Anche se in quel momento può dare sollievo, è importante chiedersi: Sto cercando una relazione che mi nutre, o sto solo cercando di non sentire il vuoto?
Un'AI, per quanto evoluta, non può restituirti uno sguardo umano, un ascolto profondo, un abbraccio vero. Non può vedere le tue sfumature, né camminare con te dentro le tue emozioni. E il rischio è di rimanere comunque soli, distratti solo temporaneamente da quella solitudine.
Uscire dalla solitudine è possibile
La solitudine che nasce dalla mancanza di riconoscimento è una sofferenza reale, che ha radici profonde nel nostro bisogno umano di connessione, di essere visti e amati per come siamo.
Spesso, chi si sente solo ha imparato a indossare maschere, a nascondere parti di sé per adattarsi o farsi accettare. Ma più ci si allontana da ciò che si è davvero, più si diventa invisibili — prima di tutto a sé stessi.
In psicologia, sappiamo che i legami autentici cominciano dalla possibilità di stare in relazione con sé stessi, di accogliere le proprie emozioni, i propri limiti, i propri bisogni. Solo così possiamo iniziare a costruire relazioni in cui sentirci davvero visti, accolti, e non più soli.
La solitudine non è una condanna. Non è una parte fissa della tua identità. È una condizione che può cambiare, un’ombra che può ritirarsi, se accompagnata con delicatezza e ascolto.
Parlarne con uno psicologo può essere un primo passo importante. Non perché tu abbia qualcosa che “non va”, ma perché tutti, a volte, abbiamo bisogno di uno spazio sicuro in cui essere visti davvero. Uno spazio dove iniziare a riconoscere chi sei, cosa provi, e cosa desideri davvero nelle tue relazioni.
Non sei solo in questo. E non devi restarci.
Dott.ssa Miriam Bianco
Psicologa, specializzata nel lavoro con adolescenti e giovani adulti
Se senti il bisogno di parlare con qualcuno, puoi contattarmi tramite il mio sito: https://psicologambianco.it/



